La prima emergenza in Italia seguita dai media di tutto il mondo fu l’alluvione di Firenze del 1966. Mancando una rete di monitoraggio del livello delle acque dell’Arno l’esondazione colpì la città cogliendo i cittadini impreparati. La reazione della popolazione fu encomiabile: migliaia di persone si prodigarono in interventi già dalle prime ore (Gli Angeli del Fango), ma erano carenti in organizzazione. Solo sei giorni dopo la catastrofe il governo riuscì ad attivare una rete di soccorsi organizzata.
Anche in occasione del terremoto del Belice del 1968, la centralizzazione della macchina dell’emergenza mostrò tutti i propri limiti.
La legge 996 dell’8 Dicembre 1970 delinea un quadro complessivo di interventi organizzati. Nascono così le “Norme sul soccorso e l’assistenza alle persone colpite da calamità – Protezione Civile”. Per la prima volta vengono recepiti concetti di calamità naturale e catastrofe, iniziando a disegnare linee guida che si sono aggiornate fino ai giorni nostri.
La diffusione di questi principi è ormai capillare: i gruppi di Protezione Civile locali sono i primi ad attivarsi sul luogo dell’evento; coordinati da un’autorità centrale, sono in grado, grazie alla loro conoscenza del territorio in cui operano, di mettere in atto i primi soccorsi atti a limitare il danno potenziale.